Mario Rigoni Stern
Nemico: una parola assente
"Il nemico è una parola che non uso. Nel Sergente nella neve la parola "nemico" non c'è: parlo di "russi", dico "loro" ma "nemico" mai. Per me quelli non erano nemici: quando ero in Grecia o sul fronte francese o in Russia non li consideravo nemici. Il nemico bisogna conoscerlo, bisogna sapere cosa ti ha fatto. Il nemico è uno che ti ha offeso o uno che ti ha fatto del male. Ma loro non mi avevano fatto niente, non mi avevano offeso e allora la parola nemico nei miei libri non c'è."
L'assenza di una parola è segno di una poetica. Nei racconti di Mario Rigoni Stern il silenzio del nemico svela una dimensione umana e disegna i contorni di un immaginario. Per uno scrittore, che dei ricordi di guerra ha fatto uno dei fulcri della propria scrittura, il nemico non esiste. Per l'uomo di neve, che ha raccontato la drammatica ritirata di Russia dei soldati italiani (e tedeschi), il dialogo con l'altro inizia con rispetto, generosità e comprensione. Il nemico, mi dice, è un "termine relativo": il suo significato cambia "a seconda delle prospettive". Durante la guerra in Albania per esempio i nemici "erano quelli che ci avevano mandato a fare la guerra", come aveva già ricordato in un'altra occasione.
Ai nemici si può chiedere permesso: durante la ritirata di Russia (Il sergente nella neve)
il sergente maggiore Rigoni chiede di entrare in un'isba, si siede a tavola e condivide con i russi una zuppa. E' un momento rallentato, di magica sospensione.
"E' stata una cosa naturale in quanto non erano nemici: erano persone che stavano mangiando perché avevano fame e io sono entrato a chiedere del cibo e me lo hanno dato. Una cosa molto semplice da spiegare. Me lo ha fatto notare un mio amico che era insegnante in un liceo e che leggeva ogni anno (alla fine del quarto anno) il Sergente e che si è accorto di una cosa molto semplice. Si è accorto che ho scritto: "Busso ed entro". Il fatto sta in quel "busso", perché io ho chiesto di entrare come si fa in una casa di un vicino o di una persona comune: si bussa e si chiede il permesso. E dal momento che si chiede il permesso uno non entra per far del male o per far violenza. Se entra chiedendo permesso entra per essere ospite. Loro lo hanno capito. Sono entrato solo per chiedere qualcosa: ho chiesto da mangiare. E la signora, una giovane sposa russa, ha preso un mestolo di minestra dalla stessa pignatta dove mangiavano i russi e me lo ha dato. Ho ringraziato, ho salutato e sono uscito"
Semplicità, verità e coraggio. Grazie Mario.