mercoledì 14 gennaio 2009

GAZA CITY

Oggi sono una delle tante donne della striscia di Gaza. Vivo nella Gaza-city, come ultimamente la chiamano i vostri giornalisti. E fanno bene. Cambiare le parole attira l'attenzione, aumenta lo share. Ad ogni nuovo episodio di guerra, trovate un nome di moda, tutto nuovo, che rimbalza sopra le macerie. E che vi dà la sensazione di essere dentro la "grande storia". Ma. Il puzzo di morte non lo sentite, voi. Non è colpa vostra se il puzzo non può ancora essere ridotto a file e spedito in giro per il mondo. All'inizio vi farebbe effetto. Poi. Forse. Vi abituereste. Come noi. Lo so che la nostra guerra infinita non interessa a nessuno, veramente. Che ve ne occupate con un senso di fastidio. Un po' di sana emozione buonista e di indignazione. Poi si passa ad altro. C'è sempre la cena da preparare.
Chiamarla city è però un po' ridicolo, dato che il posto dove vivo, vedova e con un buon numero di figli, è poco più' che una catasta di case. Un grumo di rabbia che si autoalimenta. Senza sosta. Senza che si riesca a scorgerne l'inizio o una possibile fine.
Oggi sono una donna di Gaza. Solo oggi perché non resisterei di piu'. Sono costretta in una striscia di vita. Senza via di fuga. Se non il mare. Vivo in una città che voi chiamate con un nome di cartone. Scruto il cielo e spero di non essere vista. Ne dalle bombe, ne da dio, che i pensieri che ho non sono certo santi.

1 commento:

epursimuove ha detto...

Nei giorni scorsi nel sentire che l'aviazione israeliana gettava bombe in una città sovraffollata come Gaza mi ... è inutile volevo scrivere qualcosa ma proprio non ci riesco, quello che sta accadendo in quella terra va ancora una volta oltre ogni indignazione e quel che si cerca di far passare, se mai sarebbe possibile, è anche più indegno.