domenica 3 febbraio 2008

San Biagio, ovvero "le panicelle di Taranta Peligna"

Oggi festa di San Biagio, noto come protettore della gola.

A Taranta Peligna(CH) la tradizione lo indica protettore dei lanaioli. Il Santo, infatti, prima di essere decapitato fu martirizzato con i pettini di ferro, usati per pulire la lana appena tosata.
La preparazione delle panicelle è lunga e laboriosa:

La pasta viene messa a lievitare il 30 gennaio dentro grandi madie di legno. Nel pomeriggio del 1° febbraio, al suono delle campane viene lavorata lungamente dagli uomini; poi viene fatta a pezzi dalle donne. Nuovamente messa a riposare, dopo un' ulteriore manipolazione, vengono finalmente confezionate le panicelle..

Tocca alle ragazze portarle al forno per la cottura, in corteo, tra due ali di folla. Benedette durante le cerimonie liturgiche del 3 febbraio, vengono distribuite ai fedeli.


Vi incollo i ricordi che una collega di Taranta Peligna (che vive nel Veneto) ha voluto condividere con me:
"La panicella ha la forma di una mano aperta benedicente, le dita vengono timbrate con il simbolo della confraternita dei lanieri.
Tutta la festa di San Biagio è legata alla tradizione della lavorazione della lana ed è molto antica, risale al XVI secolo.
Il Santo è il protettore della classe dei lanieri che aveva fatto erigere la chiesa al centro del paese.

Di questa oggi restano solo le mura, la porta di legno intagliata con le storie del Santo e un pezzo di campanile.

La forma della panicella comunque richiama anche uno strumento che usavano gli scardalana per scardare la lana: lo scardasso.

"Della festa di San Biagio io continuo ad avere lontani ricordi.
Nel mese di febbraio non sono più tornata a Taranta, ma so che le panicelle continuano ad essere fatte ogni anno, mia madre ne conserva sempre per i suoi nipoti.

E' vero, nel mio paese da sempre si è lavorato la lana. Oltre alle coperte decorate con motivi floreali, erano un tempo famose le "paccotte".

Hai presente le coperte grigie che utilizzano i militari? Ecco, quelle sono le "paccotte", sono di pura lana, un po' grezze. Nel lanificio del mio paese inizialmente si produceva quel tipo di coperte, anche colorate di rosso, oppure grezze di panno, a quadri. Erano coperte molto calde.

Il tempo della mia infanzia è sempre stato scandito dal suono delle sirene dei due lanifici. Oggi è proprio quel suono una delle tante cose che mi mancano nella vita del mio paese!

Devi pensare che nei due lanifici si partiva dai fiocchi di lana grezza delle pecore e si arrivava fino alla produzione delle coperte e dei tessuti di lana. Quando ero piccola ci entravo spesso. Mi ricordo nei dettagli i rumori dei telai, il vapore nella zona della tintoria, la cardatura della lana, tutti quei fili che si srotolavano e poi il grande magazzino dove arrivavano le coperte in deposito.

Tutte le mattine queste venivano caricate e portate nelle case perchè il lavoro delle frange da annodare era tutto artigianale e veniva fatto dalle casalinghe. Un modo come l'altro per riuscire ad arrotondare con pochi spiccioli le entrate familiari e contemporaneamente badare ai figli che erano sempre numerosi! ;)

Quando sono arrivate le fibre sintetiche è cominciato il calo diella produzione, le leggi del mercato sono terribili! I proprietari hanno fatto altre scelte, hanno cominciato a trasferire a Pescara gran parte della loro attività, alcuni si sono dati al commercio... e alla fine un lanificio è stato chiuso e un altro lavora ancora con telai più moderni e credo con due tre operai. I filati arrivano direttamente da Prato.

Sono bastati pochi anni per cancellare un'attività che affonda le radici in un passato molto molto lontano e che pare sia nata perchè nel greto del fiume (l'Aventino) si trovava un tipo di argilla molto capace di imbiancare e purgare la lana. (a proposito di rapporto dell'uomo col fiume)"

chiedo scusa della lungaggine, i post devono essere brevi...ma ogni lettore ha tutto il diritto di non leggere...conoscere il nostro meraviglioso Abruzzo è un diritto/dovere oltre che un piacere ... almeno per me ...

6 commenti:

Carlo lo spoltorese ha detto...

Graziana, per mè conoscere l'Abruzzo è un dovere, in quanto è la mia radice.
Conosco molto bene il paese e le attività descritte nel post!!!! Purtroppo il dolore più grande arriva non solo dalla scomparsa delle realtà semi-artigianali, ma , dalla povertà che attraversa quel meraviglioso fiume chiamato Aventino. E' veramente triste vedere un fiume di quella portata ridotto ad un misero rigagnolo.

epursimuove ha detto...

Questa è cultura Graziana e apprendere cose nuove è una gran bella cosa.
La zona dell'aventino è per me una zona buia del sapere del mio Abruzzo, zona con poche conoscenze, pochi contatti e motivi per andarvi e ne sapevo nulla di queste tradizioni nel tuo paese.

Graziana ha detto...

Non è il mio paese Tranta Peligna e neppure io conosco bene quelle parti. Il testo bourdeaux scritto in prima persona è la testimonianza di una collega originaria di lì, che vive in Veneto; [io sono di Civitella Casanova(zona ristorante La Bandiera)] :)

Ho conosciuto questa tradizione mettendo in rete una ricerca eseguita in una delle scuole del mio circolo: l'apprendimento non è mai unidirezionale! Si impara anche noi dagli alunni. Ecco il lavoro...

Graziana ha detto...

Niente...non funziona il link...maledetto codice.
Ci riprovo:
Questo è il lavoro

epursimuove ha detto...

Hai ragione scusa, quando si legge mentre si fa altro si finisce per capire fiaschi per fischi....
.. e dire che avevi già accennato alle tue origini.
Quante cose non conoscevo della mia regione Graziana, di certo nessuno me le aveva insegnate

Graziana ha detto...

Di nulla...scherzi? I post lunghi questo comportano...difficoltà a seguire il filo...mea culpa...

Molte cose le ho apprese e le apprendo insegnando. Può sembrare strano ma è così...