mercoledì 23 maggio 2007

IL POSTINO

Quella mattina, il caffè troppo caldo, il tempo uggioso ed il martellante ticchettio dell’orologio - una fedelissima imitazione trovata a poco prezzo al mercato un lunedì mattina – sembravano persuaderlo dall’indossare il giaccone da lavoro. Era davvero orribile. Sulla modesta confezione che lo conteneva al momento dell’assunzione c’era scritto: taglia small, colore blu.

In realtà la taglia era medium ed il colore era verdone, molto simile a quello che indossavano gli infermieri fino a qualche tempo fa. Le ricordava bene le parole del signore tarchiato, quasi del tutto calvo, con la bocca sempre impegnata a giocherellare con un sigaro, spesso un mozzicone.

Gli aveva detto: “Vedrà…si troverà bene da noi, il lavoro non mancherà ma, con la collaborazione della nostra squadra sembrerà meno duro”.

Aveva un sorriso particolare. I denti, stranamente bianchissimi, non erano tutti al loro posto ma nel complesso riuscivano a catturare l’attenzione. Lo chiamavano tutti il Direttore.
Ancora travolta dai ricordi, la sua mano sinistra componeva il numero dell’ ufficio.

Il telefono squillava e l’impiegata esitava a rispondere. Ma dove diavolo era finita?
- Pronto!? – disse una voce affannata e rauca di fumo.
- Sono Ettore, buongiorno!- rispose lui.
- Ettore chi?Qui non lavora nessun Ettore!- Disse lei, ancora seccata dalla corsa per rispondere.
- Signora Paola, non mi riconosce?Sono Ettore, ma da voi mi chiamate tutti “postino”.
Qualche istante di imbarazzato silenzio, fino a quando lei non riprese.
- Mi dica, mi dica pure.
- Vorrei avvisare gli uffici che oggi non verrò a lavoro. Ho mal di testa e qualche decimo di febbre
- Va bene, comunicherò. – disse lei.
- La ringrazio, buona giornata.
-Anche a lei
Ettore, quella mattina, aveva detto una bugia.


Al goal di Inzaghi parte il post ... cancello tranquillamente se non ispira;
buon proseguimento, di partita e di racconto, tanto per essere in tema di doppi sensi...

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