martedì 31 luglio 2007

Sant' Andrea. C' era ... una volta

















Rischio di parafrasare quanto già egregiamente esposto da Epursimuove, ma un piccolo contributo personale, in ricordo di quello che questa grande festa è ed è stata, lo sento doveroso: non sono pescarese di nascita, ma la città di Pescara mi ha accolta come una tenerissima madre adottiva fin dalla mia prima infanzia, confondendomi tra i suoi figli legittimi. Qui sono cresciuta, realizzandomi nella vita privata e e in quella lavorativa.

Ho conosciuto la gente di mare molto da vicino e fin dagli ultimi anni "50 ho potuto toccare con mano i momenti forti di questa festa. I protagonisti del mare la idearono in onore del loro Protettore, facendo emergere i forti vincoli di appartenenza ad un gruppo ben coeso.

Tutto è stato tenacemente voluto dalla gente del mare: non solo i festeggiamenti, ma anche l' ubicazione del Santo: dalla prima piccola chiesa all' attuale parrocchia sita in via del Concilio, nel senso che tutto è nato dal loro contributo voluto, concreto e continuativo.

Per quello che ho appreso da fonti orali, il primo comitato della festa di Sant' Andrea, era costituito dai "parzinevoli" più facoltosi (proprietari di barche) ; il rispetto o, se vogliamo, quel senso di sudditanza che incutevano tra i più semplici ma non meno valorosi marinai, era garanzia della riuscita dell' organizzazione stessa [della serie: dove ci sta troppe alle, n' nzi fa mai jurne (dove ci sono troppi galli non si fa mai giorno)].

I giochi acquatici hanno fatto a lungo da padroni: mi riferisco alla gara dei battelli e della cuccagna.
Una moltitudine appassionata, incurante delle sferzate roventi dei raggi del sole, gremiva le due sponde del fiume Pescara: ogni gruppo incitava e tesseva le lodi del suo rappresentante. Gli equipaggi dei battelli, cercavano strenuamente di neutralizzare la corrente per guadagnarsi lo stendardo della vittoria, tra il proclamo e lo scroscio degli applausi.
La cuccagna: il sorteggio della barca, il posizionamento
, la decisione dell' ordine tra i concorrenti per la risalita del palo, erano uno spettacolo nello spettacolo.
Il premio per il vincitore: una bottiglia di liquore o un indumento, correggetemi se sbaglio...
Ma non erano i premi, puramente simbolici, a giustificare le ripetute cadute nelle acque gelide e i colpi inflitti dal palo stesso durante la caduta. La tenacia, il coraggio, il vigore autentico, la gratificazione nel compiacere amici, parenti e cittadinanza: queste erano le motivazioni.

Questi giochi li ho ammirati fino agli anni '70, poi lentamente e inesorabilmente si sono conclusi, unitamente alla gara dei sacchi e alla 'corse de li maccarune', a testimonianza del tramonto di un periodo socio-economico e culturale post bellico.

Il perché e il percome di questo declino, non è semplice da esprimere in poche parole, mi limito a considerare che i cambiamenti epocali, con tutte le variabili annesse e connesse hanno modificato anche le attrattive e le modalità del divertimento.

Resta da difendere e trasmettere alle nuove generazioni quello che di una tradizione resta, magari arricchita di nuovi valori, nei modi descritti da fraNcesco: partecipazione attiva e coinvolgimento emotivo.

1 commento:

fraNcesco ha detto...

Andiamo a lavorare per vivere.
Siamo "obbligati" a lavorare.
E ci andiamo.
Ma quando dobbiamo fare qualcosa che non interessa il portafoglio, non sentiamo nessun obbligo.
Quando capiremo che con i soldi non solo non possiamo comprare tutto, ma addirittura niente?