mercoledì 22 agosto 2007

Docenti decenti


Non pensate che le ferie mi facciano l'effetto contrario di farmi tornare polemico e provocatore anziché rilassato: il fatto è che quando sono in vacanza ho maggiori possibilità di seguire ciò che avviene (e che magari non mi riguarda direttamente) e di rifletterci su.
Premetto inoltre (soprattutto per Graziana) che non ho nulla contro gli insegnanti; anzi: sono convinto che svolgono uno dei lavori, o meglio: missioni, più importanti nella nostra società.
Proprio per questo motivo, quindi, mi preoccupa l'attuale situazione dell'insegnamento.
Anche perché come al solito nel nostro (Bel?) Paese si scambiano le cause con gli effetti e perciò le decisioni che si prendono per correggere i difetti non fanno altro che peggiorarli.
Durante l'ultima campagna elettorale, per esempio, ho sentito diversi leader politici andare a caccia di voti affermando che bisognava aumentare gli stipendi degli insegnanti per ridar dignità ad una classe di lavoratori afflitta peraltro da un diffuso precariato.
Queste sparate propagandistiche mi hanno fatto sorridere (amaramente) e capire quanto questi nostri governanti sono distanti dalla vita della gente comune. Negli ultimi anni, infatti, in seguito all'istituzione delle SSIS (Scuole di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario) c'è stata una notevole infornata di docenti di ruolo nelle scuole italiane: conosco molti trentenni che, stufi del volontariato, degli stage, del vero precariato e di inviare nel vuoto i loro curriculum, hanno smesso di inseguire la loro vocazione e il lavoro per il quale hanno studiato e che desideravano (da biologo, bibliotecario, progettista/ricercatore, addetto ai beni culturali, commercialista, avvocato, ...) e si sono "rassegnati" a diventare insegnanti. Se chiedete il motivo della loro scelta rispondono che non avrebbero mai voluto fare i docenti (e infatti sono insegnanti demotivati) ma non hanno trovato nient'altro che garantisca loro uno stipendio fisso ("nemmeno tanto basso") e la possibilità di "sistemarsi" e di non fare il "missionario" a vita.

Ma allora qual è il problema?
Di recente ho visto un servizio sulle tanto stimate scuole britanniche, sempre citate come esempio virtuoso nel mondo dell'istruzione (per non parlare di quelle scandinave, così lontane dal nostro mondo da essere addirittura incomprensibili...).
Riassumendo, si può dire che i livelli eccelsi raggiunti da questi istituti si spiegano con la meritocrazia che fa sì che vengano gratificate le strutture e le persone meritevoli e "punite" (economicamente) quelle che non raggiungono un livello sufficiente. In questo modo si ottengono scuole efficienti e personale molto ben retribuito.

Noi preferiamo massificare e buttare tutti nello stesso calderone ribollente di frustrazioni: sia i perfetti modelli di "impiegato statale" (nel senso peggiore del termine che tutti conosciamo), sia gli insegnanti che amano la loro professione e tentano ogni giorno tra mille difficoltà di trasferire la loro passione ai giovani allievi (ne ho avuti diversi di professori di questa pasta e non finirò mai di ringraziarli!).

7 commenti:

fraNcesco ha detto...

Non esistendo la meritocrazia, ci meritiamo quello che abbiamo.

epursimuove ha detto...

Noi abbiamo molti problemi ma nela scuola c'è ne uno che... IL SINDACATO, che è arroccato su posizioni... lasciamo perdere oltrettutto sono anch'io iscritto ad un sindacato, solo soletto nella azienda dove lavoro.
Però ogni qualvonta che si prova a fare un discorso meritocratico si alzano barricate che nel mondo della scuola sono potentissime.

fraNcesco ha detto...

Meritocrazia è una parola che scomparirà dal dizionario.Infatti su wikipedia noterete che questa parola nella versione italiana ha poco da dire, molto invece in quella inglese...e pensare che è una parola di origine latina...

Graziana ha detto...

"E' profondamente ingiusto fare parti uguali fra diversi" - così diceva Don Lorenzo Milano, in altri contesti educativi.
La mia è un' opinione di parte che, come tale, non fa molto testo.
Il nostro lavoro(ma anche gli altri lavori) implica di una triplice responsabilità: morale, civile, penale.
La prima è la più incisiva senza togliere importanza alle altre perché abbiamo a che fare con materiale umano; di fatto è la meno documentabile. Ne fa esperienza l'utenza, soprattutto a lungo termine.
Il discorso del merito lo approvo, ma il giro si fa sempre un po' vizioso:
chi valuta il merito di un docente?
E in base a quali parametri?
Uhumm...

fraNcesco ha detto...

Nella mia quasi totale ignoranza in materia dico la mia: Ogni lavoro ha a che fare con "materiale" umano, il merito di ogni lavoro è il risultato, il risultato valuta il merito, un merito (nel caso dell'educazione) è quello di contribuire a creare una donna o un uomo pensanti.

Graziana ha detto...

*don Lorenzo Milani (errata corrige)

Fame di fama ha detto...

Sono contento d'aver suscitato interesse su un tema che mi sta a cuore.
Graziana ha ragione: qui da noi è difficile applicare la meritocrazia perché coloro che dovrebbero valutare sono spesso quelli che meritano di meno...
Mi raccontava per esempio mio zio, impiegato statale, che anni fa il Tesoro introdusse un sistema di premi per i più meritevoli (sistema che adesso hanno riproposto per il pubblico impiego). Nel suo ufficio quasi tutti erano nullafacenti (o meglio: s'impegnavano, ma nella lettura di giornali, soluzioni di cruciverba, discussioni al bar sotto l'ufficio...). Mio zio invece sbrigava tutte le sue pratiche alacremente e anche degli altri. Il capufficio doveva attribuire due premi: il primo lo assegnò a se stesso (!), il secondo al suo lacchè (inutle dire che faceva parte della schiera dei nullafacenti...)