mercoledì 15 ottobre 2008

rispetto e poverty

Quanti post!

Secondo me la povertà è relativa, così come la ricchezza.
Non parlo certo di quella che ti fa soffrire la fame, che non ti permette di curarti decentemente, che ti fa morire di freddo o di sete... quella è genocidio, voluto e mantenuto anche da noi! Assassini della stessa risma di quelli che fanno guerre inutili... come se giocassero a Risiko.

Io, per molti, sono povera, pochi soldi, poche comodità, pochi regali da fare ai bambini...
Per l'altra metà del mondo sono ricchissima, posso scegliere come coprirmi, nutrirmi e quale comportamento etico avere.
E credo sia questo il vero indice di ricchezza, nella società in cui viviamo: poter scegliere e testimoniare un comportamento etico.
Sentirmi degno di rispetto così come sono e portare rispetto a che dorme sotto un ponte e per scaldarsi preferisce l'alcol ad una coperta, o ai ragazzini di Napoli che sono quasi costretti a farsi sfruttare dalla criminalità per sperare in una vita migliore.
Rispetto per chi non riesce a non comprarsi l'ultimo telefonino o a consumare lo stipendio al gioco nella speranza di diventare milionario. Rispetto per chi ci vede ricchi e invade il nostro paese e per chi non sa pensare ad altro che al nuovo cosmetico che ti fa sentire bellissimo.
Solo dal rispetto profondo per l'umanità che mi circonda posso “sentirne” la ricchezza e operare in modo efficace. Senza veli e senza illusioni.

2 commenti:

epursimuove ha detto...

Concordo sulla relatività, ricco è quella persona che può scegliere perchè, anche se al mese guadagna 1000,00 €, per vivere la propria vita seguendo le sue passioni ed i suoi valori ne sono sufficienti 999,00 mentre un altro che ne guadagna il triplo si sente un pezzente perché vorrebbe un conto milionario in banca.
Di poveri, come dice fraN ce ne sono di vari tipi, l'arrogante è una persona povera, l'ignorante anch'esso è povero, il presuntuoso idem, e del resto questi tipi di povertà spesso si danno la mano (ciucci e presuntuosi).....
.... sono passati oltre 2 secoli da quando folla in rivolta per le vie di Parigi gridava libertè, egalitè, fraternitè ma ancora oggi, nella nostra Europa, questi valori restano un utopia scritta su un pezzo di carta: viviamo in libertà condizionata, l'uguaglianza è per molti ma non per tutti, la parola fratellanza è stata sostituita da tolleranza, ma temo anche anche quest'ultima non vada bene!!!

marica ha detto...

Nemmeno a me piace la parola tolleranza, se tollero la presenza di bambini stranieri nella scuola, posso tranquillamente relegarli anche solo per qualche tempo in classi speciali, mentre se mi sento RESPONSABILE della loro integrazione devo impormi un sorriso aperto (sempre da lì si parte) e fare in modo che si integrino, anche se portano i pidocchi o rendono confusa la gestione da parte di insegnanti già oberate da classi affollate. Essere responsabili, vuol dire, secondo me, RISPONDERE, in modo il più possibile efficace, alle situazioni che mi circondano. Essere attivo, per quanto posso, ovviamente. Mentre tollerare è un termine passivo, negativo. Rimanendo all'esempio di prima...Come posso insegnare a mio figlio a tollerare il compagno diverso? "Non chiamarlo Marocco, come i tuoi compagni, cerca di essergli amico, non prendetelo in giro...." Impossibile se quello che vuole un ragazzino di otto anni è essere come gli altri. Posso però sentirmi responsabile e chiacchierare con i genitori del ragazzino, invitarlo a giocare, trovare dei punti in comune, non fare una faccia schifata (quante ne vedo tutti i giorni) se i capelli sono un po'arruffati, proporre l'insegnamento di qualche parola di francese o di arabo in classe, dire che ci sono tanti dio, tutti degni, tutti importanti, ognuno con la loro chiesa. E la fantasia aiuta a trovare i modi...