sabato 1 agosto 2009

Quando il lavoro era dignità, riscatto....

Chi non risica non rosica dice un vecchio detto, a significare che oggi come in passato, se si vogliono ottenere delle gratificazioni, non lo si può certo fare stando comodamente adagiati sulle proprie posizioni senza prendersi dei rischi, o comumque dei grattacapi e/o dei sacrifici.
Personalmente noto che oggi difficilmente si è disposti ad accettare grattacapi o tantomeno sacrifici, molto presto si impara l'arte dello scarica barile e del recitare, stando pigramente adagiati su comode sedie o a spasso per freschi corridoi. Poi magari, passano anni e la vita professionale è movimentata come le acque di una palude, in tanti si lamentano scaricando responsabilità ad altri, e si finisce col diventare dei frustrati, magari carichi di risentimento.
Il lavoro oggi non è più un diritto, in realta è un bel casino, c'è tanto sfruttamento, precarietà, ma è altrettanto vero che, oggi non si è più disponibili a fare dei sacrifici, si vuole tutto e subito e se la via maestra del successo è troppo irta e faticosa, facilmente si cercano "scorciatoie".

Come è cambiata la nostra società, i nostri padri faticavano, le nostre madri facevano sacrifici e raggiungevano obbiettivi solidi come una casa, una famiglia, senza cercare scorciatoie perchè la rispettabilità veniva prima di tutto e le rare occasioni di divertimento erano condivise con la famiglia.
I cambiamenti si susseguono a ritmo elevato, tutto intorno a noi è in evoluzione, temo che certi lussi legati alla sicurezza del posto fisso (tanto ambito dalla mia generazione) nel tempo saranno destinati a scomparire e, chi si adagia su quelle comode sedie, corre dei grossi rischi che qualcuno gli tolga la sedia dalle natiche!!!!!!
In questi giorni di ferie c'è chi parte per vacanze esotiche e chi se ne resta a casa perchè non può far altro, perchè con le tasche vuote c'è poco da fare, ma presto a settembre .....

.... Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all'Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d'acqua natia rimanga né cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d'avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh'esso il litoral cammina La greggia. Senza mutamento è l'aria. Il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquio, calpestio, dolci romori. Ah perché non son io cò miei pastori?

divagazione poetica ....... A settembre dicevo in molti saranno costretti a tirare le somme di un periodo difficile e temo che saranno parecchi a soffrire.

E' tempo di svegliarci abruzzesi, la laboriosità l'abbiamo nel nostro DNA, scrolliamoci di dosso illusioni e vuote promesse figlie di un clientelismo che ormai è fuori tempo massimo, corciamoci le maniche e torniamo a fare cose concrete e l'aria fritta lasciamola a chi la vende (in breve farà la fame). Il tempo scorre inesorabile e fuori nessuno ci aspetta.

1 commento:

Fame di fama ha detto...

Caspita, Epursimuove, sembra che durante la tua lunga assenza tu sia stato a riflettere e rimuginare per produrre questo post!
C'è parecchia carna al fuoco, il condimento è spiccatamente amaro e aspro, ma il sapore è genuino e forte come i piatti della nostra tradizione abruzzese di cui tante volte abbiamo cantato le lodi in questo blog.

Speriamo che i versi del nostro vate siano di buon auspicio per un vero ritorno ai valori di una volta. Personalmente non ci credo molto: la nostra società è contaminata al tal punto d'aver valicato già da tempo il punto di non ritorno.

Vedremo.
Settembre, andiamo.